Si metta nei miei panini

Era disoccupato da tre mesi. Ma aspettava buone notizie da un giorno all'altro, se lo sentiva. Come ogni mattina, uscì di casa presto, prese la bici e iniziò a pedalare. Questa volta però non aveva voglia di peregrinare da un'agenzia interinale all'altra, di entrare e uscire da ristoranti o negozi elemosinando attenzioni, alla ricerca di un lavoretto del cavolo che quasi sicuramente lo avrebbe abbruttito e annoiato. Questa volta no, avrebbe preso una sorta di permesso, tipo delle ferie. D'altra parte cercare un impiego, soprattutto in questi tempi, non è un dannato lavoro?
Sentiva il bisogno di staccare per un giorno, di liberare la testa dallo stress della disoccupazione. Fu così che se la pedalò agile fino al parco delle Cascine, all'altezza della facoltà di Agraria.
Arrivato fin lì legò la bicicletta e si diresse verso la località vacanziera, una panchina vista parco, roba di lusso insomma. Era una mattina di giugno, calda ma non troppo, tirava un po' di vento e il sole caldo e per nulla opprimente garantiva alla giornata sfumature di autentica perfezione. Si sedette sulla panchina, tolse lo zaino dalle spalle e iniziò a frugare al suo interno. Le sue dita si fecero strada fra i curricula vitae alla ricerca del libro che stava leggendo, un'antologia di racconti di Raymond Carver. Non la trovò subito, i curricula erano davvero tanti, avrebbe potuto metterli in fila uno dietro all'altro e molto probabilmente delimitare il perimetro di un campo da calcio a undici. Lo trovò, il libro. si mise composto e iniziò a godersi le ferie immergendosi nella lettura.
Passò quasi un'ora molto velocemente, di tanto in tanto dava una controllatina all'orologio, non che avesse particolari impegni, ma voleva passare dalle parti di San Lorenzo verso l'ora di pranzo, al Kibby magari, un localuccio caruccio assai dove lavorava un amico, anzi un conoscente visto che di amici praticamente non ne aveva. Andò avanti ancora un po' nella lettura almeno fino a quando un'eclisse di sole non si impossessò della sua attenzione e una corpulenta signora non venne a sedersi proprio di fianco a lui. La cosa sembrò sconvolgerlo.. si era posizionato esattamente in mezzo alla panchina, segnale che nelle giungle urbane avrebbe dovuto scoraggiare potenziali compagni di siesta, ma la signora non colse il messaggio subliminale e, nonostante la presenza di molte altre panchine disabitate, si era seduta proprio lì, parcheggiando il suo deretano a pochi centimetri dal suo. Non appena prese posto cominciò a sbuffare e solo a quel punto lui distolse lo sguardo dal libro e, con un'espressione infastidita, le lanciò un'occhiata preliminare. Pensò che in un certo qual modo assomigliasse alla madre. Sua madre fra dieci anni e dopo una dieta a base di Burger King e Haagen-Dazs. Più o meno sessant'anni vissuti sotto la cresta dell'onda incorniciati da folti capelli grigi, un paio di enormi occhiali da vista che le nascondevano gli occhi e che le scolpivano un viso comunque gentile e tondo. Tutti indizi sufficienti a toglierla dalla sua lista delle donne 'desiderabili', che nel suo caso specifico più che una lista era un tomo enorme, tipo bibbia di Gutenberg. Un classico per chi, come lui, faceva sesso con la stessa frequenza dei Mondiali di Calcio.
L'immancabile borsa della coinquilina un probabile falso Louis Vuitton, grande quanto la vescica di un elefante, fu presto preda di mani grasse e dita costellate di gioielli che iniziarono a straziarne l'interno alla ricerca di chissà che cosa. Con la coda dell'occhio, sconvolto la vide tirar fuori nell'ordine: una custodia per gli occhiali; un foulard; un portafogli grande come la sua bicicletta; un porta spiccioli a forma di sottopentola; un libro tascabile dal titolo, 'Bollente Amnesia', una bottiglia d'acqua da un litro e mezzo, una trousse mezza aperta traboccante una tale quantità di medicinali da far concorrenza alla farmacia più vicina e dulcis in fundo un sacchetto di plastica contenente qualcosa; il suo vero obiettivo. Un poco attraente tramezzino.

Vuole favorì?” - gentilissima, provò ad attaccare bottone.

No la ringrazio” - Liquidò così lei e il suo marcato accento del sud (probabilmente campano) e, quasi senza guardarla, continuò la sua lettura.

Ma ormai faceva soltanto finta preso com'era da quel nuovo spettacolo circense: costellazioni di briciole schizzavano fuori da quella bocca come se all'interno di quell'avvizzito cavo orale fosse nascosta Napoli intera e, lì e soltanto lì, il Vesuvio avesse ripreso vita. Anch'egli venne investito da qualche residuo lavico, ma non scappò via e non cercò riparo alcuno. Se ne rimase lì, coraggiosamente, aspettando assieme a tutti gli abitanti di Pompei che il destino riscrivesse la sua Storia.

Sicuro che non ne vuole un pezzetto?” - incalzò lei

No davvero non si preoccupi, e comunque avessi fame mi basterebbe rimpastare tutta questa moltitudine di bruscolini che sta disseminando in terra, e ci sfamerei un paio di scuole elementari”

Come scusi?”

Intendevo, dire: si metta un po' nei miei panini”

Dove mi devo mettere? Ma mi sta prendendo in giro?”

Ma assolutamente no, non mi fraintenda. Per 'prenderla' dovrei prima procurarmi una rete enorme, di quelle che si usano illegalmente per la pesca a strascico ma come vede in mano ho soltanto un libro”

Maleducato, si vergogni!”

Si alzò, tutta indispettita e filò via continuando a borbottare polemica fino a quando l'orizzonte non la deglutì.

Si scusò con Raymond e riprese la lettura. Non lesse per molto, ma nulla questa volta poté distrarlo dal finire il racconto iniziato, neppure le urla dei ragazzini che a un certo punto, a pochi metri da lì, improvvisarono una partita a calcio. Fu il suono di una sirena, a riportarlo bruscamente su quella panchina. Lo stomaco gorgogliò: s'era fatta una certa, decise quindi di andare a mangiare un boccone. Sguinzagliò la bici e si diresse verso l'uscita del parco. L'ultimo avanzo di mattina stava morendo e il cielo terso diventava sempre più sfocato. Poco più avanti, in prossimità di una strada sterrata un capannello di gente sostava curiosa tutto intorno a un mezzo della croce rossa, presumibilmente la sirena che aveva cantato qualche minuto prima. Smise di pedalare e lasciò che la bici procedesse d'inerzia avvicinandosi all'occhio del ciclone. Troppa calca, non riuscì a mettere fuoco la situazione, scese dal sellino e senza staccare le mani dal manubrio abbassò lo sguardo cercando di intravedere qualcosa. Fra le gambe di alcuni curiosi gli sembrò di scorgere, oltre al personale dell'ambulanza, una persona che giaceva a terra e, a pochi passi dal corpo, un paio di occhiali da vista e quella che sembrava proprio essere una borsa Luis Vuitton. Il battito del cuore rallentò all'istante e una sensazione di profondo disagio cominciò a lambire ogni centimetro del suo intestino. La bocca gli s'impastò e dalla sua gola l'aria, per qualche secondo, si rifiutò di transitare e pompare aria ai polmoni.

Che è successo?” Fece rivolto a un ragazzo accanto a lui, stupendosi non poco della vocina stridula e flebile che gli uscì fuori, quasi come se a parlare fosse stata un'altra persona e non lui.

Mah, non si capisce. Qualcuno dice che la signora ha avuto un malore e si è accasciata a terra. Non si sa nemmeno se è viva..”

Un senso di colpa mai provato prima s'impadronì di lui mentre i suoi pensieri andavano a quanto successo poco prima su quella panchina.
Pensò con orrore di esserne in qualche modo responsabile! Che magari la signora fosse già morta e che i rimorsi lo avrebbero divorato per chissà quanto tempo, chissà quante vite. Si sentì 'sbagliato', fuori posto, un aborto sociale che oltre a snobbare i propri simili ora, non contento, puntava anche alla loro distruzione. Si chiese, inoltre, se il delitto appena commesso non avrebbe sancito l'inizio della sua rovina, condannandolo alle sofferenze fisiche e morali di un moderno Raskolnikov.
Mentre questi e altri pensieri si contorcevano nella sua testa in tumulto, esternamente qualcosa si intromise: un paio di occhi, lo fissavano divertiti al riparo dietro spessi occhiali e un sorriso maligno a farsi sberleffo di lui e dei suoi sensi di colpa.
La riconobbe all'istante, la signora della panchina, se ne stava lì, in pedi e in salute in mezzo a tutti gli altri curiosi e ora era lei a godersi lo spettacolo, compiaciuta del turbamento del giovane.
Il ragazzo incredulo guardò di nuovo in terra, verso la vittima, poi, incredulo, di nuovo verso la signora. Avrebbe dovuto sentirsi sollevato, ma le cose presero una piega inaspettata. Una vergogna collerica e umiliante gli montò dalle viscere. Maledì l'impostore a terra e sperò che fosse schiattato per davvero.. Non riusciva a credere di aver osato dubitare di se stesso, di aver messo in dubbio il suo genuino e legittimo odio verso il mondo, credendo scioccamente per un istante che a lui potesse davvero importare dei destini di qualcun altro. Il suo ego gigante meritava delle scuse. Ora. Subito.

Quasi senza coscienza alzò la mano destra, lentamente, e mostrò il terzo dito alla signora sorridendo sadicamente e godendo nel vedere quel sorriso sdentato e anticato volgere al crepuscolo.

Figlio di puttana” - sussurrò lei a denti stretti e dal dilatarsi compiaciuto delle pupille del giovane colse che il messaggio era arrivato in quella direzione.
Forte e chiaro.

Soddisfatto, salì in sella alla bici e pedalò nella direzione opposta senza voltarsi, mai più. Furono pedalate di accidia e insofferenza a portarlo lontano dalle Cascine, giù fin nel cuore di Firenze, e quando finalmente arrivò tutta San Lorenzo sembrò accorgersene. Appoggiò la bici proprio all'insegna a terra di un kebabbaro e, senza legarla, si diresse a passo spedito verso il Kibby. Quasi sulla soglia dell'ingresso incrociò una ragazza giovane e attraente che non se lo filò nemmeno di striscio: lui invece la squadrò dalla testa ai piedi fantasticando di scoparsela in tutti i buchi che madrenatura le aveva donato. Fu in quel momento che capì che più che dell'odio era schiavo di questo modo di vivere, di questa sterile cultura, di questi mediocri rapporti sociali.

Ciao Lenny” - fece rivolto al tizio obeso dietro al bancone. Notò che era in compagnia di un ragazzo alto, fisicato e con una folta e curata barba hipster impossibile da non notare.

Eccolo qui! Ti aspettavamo: ti presento Pietro quell'amico di cui ti ho parlato qualche giorno fa”

Si mi ricordo” - mentì - “piacere, Daniele”

Pietro restò impassibile con lo sguardo perso nel vuoto, poi esclamò:

No dico, l'avete vista? Mammamia che strafiga, ma chi cazz'è Lenny?” - da come guardava verso l'uscita, Daniele giudicò che la ragazza incontrata poc'anzi non avesse suscitato soltanto il suo interesse.

Chi quella lì? Lasciala perdere“– replicò Lenny “quella sta con uno stronzo, un pezzo grosso di Firenze che di sicuro c'ha abbastanza grana da mantenere quella passera straviziata. Chiara mi sembra che si chiami. Si, Chiara”

Che fregatura” - replicò noiosamente Daniele, fingendo che la discussione lo interessasse.

Già. Insomma Dani, ti ho chiesto di passare, perché la famiglia di Pietro sta aprendo una piccolo attività a Rifredi, una specie di officina per macchine di lusso e a loro servirebbe un contabile, uno che ci sappia fare coi numeri. E tu lo hai già fatto in passato vero?”

Si, si.. oddio l'ho fatto per un paio di settimane in quel cazzo di ristorante cinese, ma non definirei quell'esperienza 'memorabile'. Mi hanno sbattuto fuori quando ho chiesto un timbro per poter compilare più velocemente le fatture..”

Si, ma è tutta esperienza, hai imparato dai tuoi errori e questa volta il timbro non lo chiederai più e le cose fileranno belle lisce. Dico bene Piter?”

Ma Pietro aveva altro per la testa..
Dio quanto avrei voluto infilarle la faccia tra le cosce..”

Oh, t'ha proprio affondato quella? E poi sai che solletico con quella barbaccia” - sfotté Lenny.

Ma Pietro era in trance figonistica e, a un tratto, si girò verso loro e con morbosa curiosità e occhio pallato domandò:

Seriamente rigaz, a voi come piace la fica? Pelata? depilata quanto basta? o allo stato brado?”

Non riuscendo più a trovare alcun interesse nella questione Daniele girò loro le spalle, abbandonando la conversazione, e ordinò una pinta di lager e un panino al prosciutto al collega di Lenny, l'unico lì dentro che avesse un lavoro e la voglia di lavorare necessaria a portare a termine un lavoro.

A me mi garba in tutti i modi Piter, la fica è la fica”

Ho capito ma ci deve essere qualcosa che ti piace di più, non son mica tutte uguali le passerone, o no?”

Lo so, lo so: le grandi labbra, le piccole labbra, il clitoride, bla, bla, bla. Il punto è che a me piace in tutti i modi”

Sarà Lenny, ma io la preferisco tutta bella pelata, bella sugosa. Ma c'è una cosa che non deve avere, non la tollero proprio”

Sarebbe?”
Il monte di venere ossuto. È una roba asimmetrica, oscena, non mi piace per niente”

Ma che cazzo Piter, sei un fottuto pervertito.. E per te Dani? Sentiamo: cosa non deve avere una fica per essere definita 'perfetta'?”

Lenny lo toccò lievemente sulla spalla. Non si girò subito, diede il primo morso al panino, masticò lentamente. A quel punto si pulì la bocca con il dorso della mano e diede una sorsata alla caraffa di birra che aveva davanti a se. Deglutì e si girò verso gli altri due, rispondendo cortesemente.

Il cazzo”

La sua risposta fece ridere moltissimo i ragazzi e quel pomeriggio si trattenne a lungo con loro parlando malvolentieri di cose amene, molto, e cose serie, molto poco. Infine Lenny lo convinse pure a lasciare il suo curriculum vitae a Pietro, sicuro che quello che scioccamente considerava un suo amico avrebbe avuto tutte le carte in regola per iniziare un nuovo lavoro e continuare a spendere soldi al Kibby in una perfetta rappresentazione del Cerchio della Vita.
La Fortuna finalmente sembrava bussare alla sua porta..

Qualche ora più tardi, mentre Daniele, sul divano di casa, cominciò un nuovo racconto di Raymond Carver, Pietro fece una capatina verso Ponte alle Mosse, a casa dei genitori. Trovò la madre sul divano intenta a leggere. Dopo qualche convenevole d'ordinanza le allungò un curriculum vitae. Senza mollare il libro che aveva in mano, con quella libera la donna prese il foglio.

è di un ragazzo che ho conosciuto oggi, un tipo in gamba uno con esperienza. Secondo me te e papà dovreste chiamarlo, potrebbe sostituire Luigi fin da subito, ora è disoccupato”

Osservò meglio la foto a colori che compariva in alto a sinistra del foglio e un brivido di piacere le percorse la schiena. Posò subito il libro sul tavolino e lesse il nome del candidato.

“Bollente Amnesia?! Ma che robaccia leggi mà” - fece Pietro

Tu fatti gli affaracci tuoi barbalunga. E dì al tuo amico di presentarsi in officina domani alle 10, ok?”

Ok mà, non te ne pentirai”

Quando Pietro uscì dalla stanza, la donna prese nuovamente il foglio fra le mani e diede un'altra occhiata alla foto annuendo con la testa. Poi successe una cosa strana, si alzò dalla poltrona e pensò a voce alta

A domani caro Daniele. Non vorrei essere nei tuoi panini..”

Una puzza strana solleticò le sue narici riportandola alla realtà. Corse in cucina: la parmigiana stava bruciando.




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