Sorbetto

“Di' pure quello che vuoi, ma un figlio non sarà mai pronto ad affrontare la morte di un padre o di una madre. Nemmeno se questi dovessero morire in età avanzata. La scomparsa di un genitore, semplicemente, non si affronta. Semmai, la si subisce inermi e indifesi. È tipo una valanga che ti travolge: tu, sempre che sopravvivi, puoi solo grattare la neve con le mani e sperare di crearti un varco prima che finisca l’ossigeno. E se è legittimo augurarsi che i genitori vivano il più a lungo possibile, è bene sempre tenere a mente che le nostre sofferenze non verranno cancellate dalla loro morte in vecchiaia. Questo aspetto può avere importanza solo se ne facciamo una questione di ‘quantità’, cioè se ci mettiamo a contare i giorni passati assieme a un genitore. Ma è la ‘qualità’ del tempo speso con mamma o papà a fare la differenza, non le settimane, i mesi o gli anni.
Hai una coscienza? Beh, allora soffrirai. Punto e basta.
Tanto vale non affannarsi troppo nel cercar rimedi e tirar dritto fino alla prossima sfiga che la vita (o la morte) ci metterà di fronte.
Se proprio vogliamo star lì a sindacare, l’unico esercizio di stile concesso sarà misurare l’intensità del dolore provato, ma è roba parecchio impegnativa. Piuttosto trovo molto più stimolante riflettere sul perché si prova tutto ‘sto dolore.
Ecco, perché si sta così di merda?
Personalmente credo che l’uomo tenda a vivere la propria vita come se fosse immortale. Tutti noi, ogni santo giorno, facciamo progetti a lunga scadenza e rimandiamo continuamente gesti, azioni, parole, confidando nel mantra del ‘lo faccio domani’. In qualche angolo del nostro cervello sappiamo che moriremo, prima o poi, ma preferiamo comunque mettere questa certezza in stand by come fosse dell’inutile spam che spostiamo nella posta indesiderata. Più che programmare il futuro per miglioramenti significativi, lo facciamo per marcare il territorio, considerando lo spazio appena conquistato nostro di diritto e per sempre. Quando però la morte arriva a prendersi i nostri cari e a ricordarci che la vita è un soffio, ci rimaniamo talmente male che la nostra arroganza va a farsi fottere in un battito d’ali.
È per questo motivo che auspico un cambiamento. Fanculo l’arroganza dell'uomo. Tutte le mattine in cui apriamo gli occhi sono un regalo prezioso. Dovremmo vivere ogni minuto come se fosse l’ultimo come se il pericolo valanghe fosse imminente. Dovremmo rendere pregno ogni istante senza preoccuparci troppo delle conseguenze di ogni gesto. Basti pensare che tutte le scelte sbagliate fatte dal genere umano nel corso della storia sono state funzionali e concettualmente ben più importanti delle scelte corrette. La nostra evoluzione è stata dettata da scelte del cazzo e dalla conseguente selezione naturale che da queste scelte infelici si è innescata, portandoci in cima alla piramide.
E se sono le scelte che fai ogni giorno a delineare la piega che prenderà la tua vita, breve o lunga che sia, io voglio scegliere! Voglio scegliere nel bene e nel male, voglio mettere la firma sul foglio, voglio piangere una madre senza rimpianti, voglio vivere una vita senza rimorsi”

“Hai finito stracciapalle?”
“Si, ho finito”
Presi il bicchiere di cartone biodegradabile XL e me lo portai alla bocca finendo quel che rimaneva di quel pessimo caffè americano.
Antonio chiese il conto al ragazzo che serviva al bancone, dopodiché puntellò entrambi i gomiti sul tavolo e fece come per avvicinarsi.
“C’è altro? O mi hai portato qui soltanto per sorbirmi ‘sto pippone?”
“C’è sempre qualcos’altro”
“Ok, qualcosaltrami allora“
Mi guardai furtivo in giro, come per assicurarmi che nessuno stesse ascoltando, poi tornai con lo sguardo su Antonio e quasi sussurrando dissi:
“Ho trovato due accrediti per andare allo Stadium a vedere Juve-Barcellona. Champions League”
Antonio si prese il faccione tra le mani e roteò le orbite come se si fosse appena fatto in vena di eroina
“Antò, vuoi essere la mia ancella?”
“Si, lo voglio!”
Quando uscimmo dal locale era già ora di cena e a me venne una gran voglia di gelato.


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